lunedì 7 luglio 2014

Posted by Adespoto Posted on 17:54 | 9 comments

Pervanniversario

 

Un anno fa, tra circa 2 ore, abbiamo fatto per la prima volta l’amore.

(una rima piana non si nega a nessuno).

E’ stato un po’ come tornare alle prime armi, sono precisamente di fronte a dove abbiamo cominciato, chiudo gli occhi e ricordo la scena, ricordo che le chiesi scusa infinite volte (un po’ ammazza-passione, ma ce n’era talmente tanta che non ha sortito effetto).

Mi ricordo che ci abbracciavamo e ci baciavamo  e dopo 6 mesi, di preliminari, io ero e sono diventato il “perv”, perché, tendenzialmente, sono il pervertito.

Non avevamo un letto, non avevamo una cena prima, o un aperitivo, avevamo forse una serie TV in streaming poco prima, o un film, gente che usciva ed entrava, gente mandata via,  il posto non è per niente intimo, ne tantomeno coinvolgente, eppure, a discapito di tutte le candele e luci soffuse, siamo stati travolti dalla passione, non ci eravamo organizzati, non ci eravamo preparati, pensavamo non sarebbe mai successo, che sarebbe finito tutto in una serie infinita di baci e di carezze.

Ce lo siamo detti tante volte che avremmo voluto “stare insieme”, talmente tante volte che alla fine, ero impacciato come un 13enne, ma sentivo come fosse normale. Non avevamo bisogno delle candele, bastava spengere la luce, chiudere la porta e poi “stavamo insieme”, ci promettevamo di non rifarlo, ogni giorno… Ci impegnavamo nel dire l’ultima volta, ogni giorno.

Ogni giorno era la prima e l’ultima, impacciati e affiatati come non ci fossimo mai conosciuti così, ogni santo giorno.

Nonostante questa modalità di approccio devo confessare che la prima volta che l’abbracciai sembravo una marionetta la cui mano veniva abbassata a scatti con un filo, le davo colpi sulla spalla manco dovesse fare il ruttino, un mongoloide praticamente.

Poi una volta mi chiese di abbracciarla, eravamo seduti accanto. Non avrei mai voluto interrompere quel momento, non avrei mai voluto smettere di essere guardato con quegli occhi. Ma un abbraccio non si nega a nessuno… soprattutto se la pelle è così morbida e ti arrapa parecchio.

Abbiamo avuto tantissime ultime volte, 2 settimane fa, ci dovevamo vedere per un caffè, siamo finiti a casa mia, fino alle 16… dalle 7 di mattina. Le 7 di mattina… ho dovuto mettere una sveglia per far svegliare la mia sveglia, non essendo abituata.

Ma ora dopo un anno, abbiamo avuto il letto, abbiamo avuto il pasto, sia dopo che prima, abbiamo avuto qualcosa di diverso di un ufficio, una scrivania, stare in piedi, ma alla fine non è cambiato nulla, io sono impacciato, divento come un cretino, diventa una prima volta come tutte le volte. La prima e l’ultima.

giovedì 3 aprile 2014

Posted by Adespoto Posted on 00:02 | 6 comments

#Lei, 100 giorni

Offline da 100 giorni, non sono pochi, sono 3 mesi e più, c’è chi dividerebbe questi 100 giorni in 3 Cantiche, ne farebbe di ognuna 33 Canti e aggiungerebbe un Proemio al primo.  Visto che c’è riuscito questo signore, non vedo perché non possa riuscirci io dopo, mmm 800 anni e più.
Ovviamente non scriverò tutti e 100 i canti, ma solamente le parti più interessanti.

Proemio – Giorno 1


Nel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Questo è un ottimo momento per rendermi conto che mi trovo nell’età giusta del mio cammin per citare questi tre versetti. E’ il primo giorno, ci siamo visti il giorno prima, avevo paura a scrivere sulla chat che usavamo, quel giorno sentivo che i tasti della tastiera pesavano enormemente, ma avevo la fortuna di pensare che nei giorni seguenti non ci saremmo visti comunque, Natale era alle porte, comunque avremmo passato dei giorni separati, non pensavo minimamente al primo lunedì. Vivevo questo giorno e i giorni a seguire con la consapevolezza che le ultime parole dette su quella chat erano:

IO:
Io voglio fare l’amore con te
LEI:
Anche io

Volutamente non scrissi nient’altro.

Queste parole, dette verso le 17.00 mi accompagnano da quei giorni di festa. Ognuno con le sue famiglie, ognuno con i suoi problemi, ognuno senza l’altro.


Giorno 2 – Giorno 14


Le feste sono passate, sono stato completamente assorto in fantasiose cene di famiglia con lei al mio fianco.  Il giorno 14 è il mio compleanno, i regali sono stati abbastanza inutili, i miei parenti hanno fatto giusto una telefonata, perché la mia situazione familiare è abbastanza incasinata e di buon grado hanno glissato nel rovinarsi i festeggiamenti. Mi consolava una dedica su un libro, una dedica di un libro regalatomi da lei prima di andare via. L’ho letta tutto il mio compleanno, pensando che fosse il più bel regalo mai ricevuto. Lo era. Non riuscivo a smettere di leggerla, sognavo capodanno e natale, sognavo la magia di ognuno di questi giorni. Se avessi creduto a Babbo Natale gli avrei mandato una mail con conferma di recapito e di lettura per avere lei sicuramente.

Giorno 16


La cena, è stata una boccata d'aria in questo inferno che si palesava, i gironi della mancanza e della necessità stavano prendendo il sopravvento ma l’apparizione del Virgilio del momento, organizzando una cena, ha fatto in modo che riuscissi a riprendermi qualcosa di mio, un suo bacio.

Ci siamo sentiti molto, abbiamo condiviso molto, abbiamo parlato tanto, ore ed ore al telefono, tanti sms, abbiamo vissuto intensamente anche senza vederci. Io passavo il tempo qua a lavoro a rivivere quello che abbiamo fatto assieme, per giorni ho aperto la porta della sua stanza, fino a che non è stata chiusa a chiave, cercavo i suoi occhi dietro al monitor, che mi guardavano e mi dicevano “buongiorno”, davanti a tutti, ci eravamo visti mezz’ora prima dopo essere stati 25-30 minuti al telefono.
DSC00004Ho accarezzato più volte il muro dove le sue forcine per capelli hanno lasciato delle righe, perché ci baciavamo e lei muoveva la testa, il muro si rigava, ogni riga, ogni impronta delle mie mani su quei muri mi ricorda quei baci.
DSC00002Mi fermavo minuti nella sua stanza su quel davanzale di marmo, dove guardavo fuori, sentivo lei che si alzava e mi veniva ad abbracciare ed insieme guardavamo un edificio di pietra e finestre, una scala antincendio, dei motori di condizionatori e macchine parcheggiate, ma ci specchiavamo nella finestra, come fosse una foto da camera da letto.
Abbiamo sognato di vederci, abbiamo sperato di riuscirci. Abbiamo detto centinaia di “ti vorrei qua.”

Giorno 72


Ore 9.00 appuntamento alla metropolitana, la vado a prendere, il mio coinquilino è fuori, viene a casa mia per un thè. Non abbiamo neanche visto la bustina, lei aveva portato un babydoll comprato apposta per me. Siamo stati insieme fino all’ora di pranzo, abbiamo pranzato insieme in un posto che fa un ottimo risotto alla crema di scampi, poi è andata a casa, ancora una volta. Avevo il suo profumo addosso e nel letto. Abbiamo riso e scherzato perché ho messo una mensola sul letto che probabilmente non è all’altezza giusta. Abbiamo fatto l’amore, ci siamo abbracciati dopo aver fatto l’amore, sdraiati in un letto, per quanto l’abbia sognato o immaginato, non credevo che fosse così bello. Ho avuto la testa in panne per ore, giorni.
Non riuscivo a dirle quanto l’amassi più di quanto non si potesse dire con i gesti, la guardavo, nonostante stessimo facendo l’amore, come se non credessi che lei era li, sorridevo. Un ebete….

Giorno 75


Buona festa delle donne. Non ci fu mimosa, solo un appuntamento alle 7.00, il mio coinquilino questa volta era in casa, dormiva, siamo stati insieme. Avrei voluto si fermasse ancora da me. Non avrei mai voluto andasse via. Ricordo ogni dettaglio, ricordo ogni parola, ogni sguardo. Senza entrare nei dettagli.

Giorno 81


Ultima visita, non c’è due senza tre mi ha detto, siamo stati insieme ancora una volta, ho la maglietta ancora la, una delle mie magliette preferite porta il suo profumo. Siamo andati insieme ad un supermercato, abbiamo mangiato un pessimo piatto di tortellini panna piselli e tipo-funghi. Ma eravamo insieme, anche quel pasto divenne un ricordo.

Giorno 100


Oggi, rileggo tutti i commenti, rileggo i miei post, rivedo le foto che mi mandava quando le dicevo qualcosa di dolce. Perché lei si diverte a prendermi in giro quando cedo alla tenerezza.
bambi_and_faline_by_jostnic-d3d0rpr
Questa è una foto di repertorio… Ovviamente è solo una delle tante con cui riesce a farmi incazzare con questa storia del tender…
Vero è che non posso negarlo, ma posso provare solo a vendicarmi. Comunque sto divagando.

Io ancora non so come andrà a finire questa storia, come ho scritto molte volte, so solo che se dovessi scrivere un romanzo avrei parecchie cose da scrivere. Il finale di un romanzo è molto importante, forse ne definisce il genere, ma dopotutto, lo svolgimento dello stesso è quello che ci appassiona, la fine per uno lettore è solo curiosità, ma se una storia è ben scritta, ben articolata, viva, vorremmo non finisse mai, e per quel che mi riguarda, comunque andrà, non finirà mai. Ora a 100 giorni che sono qua, ancora guardo le stesse cose, quelle righe sul muro io ce le ho di fronte, basta solo che alzo lo sguardo. Evito di farlo, altrimenti mi incanto. Mi incanto a pensare a quello che è successo, alle risate nascoste che si faceva quando si poggiava la durante le riunioni, e mi guardava sottecchi.  Perché la passione è tutto, l’attrazione è altrettanto, la complicità è altresì importante, ma quelle risate, quel sorriso, sono le cose che mi mancano di più. Davano un senso alla mia giornata.

Someone who’ll help me see things
In a different light
All things i detest
I will almost like

martedì 11 febbraio 2014

Posted by Adespoto Posted on 12:50 | 2 comments

Lei #37 - One year ago

La serata era una come tante altre io giocavo con lei e lei giocava con me, facevamo un gioco diverso, dovevamo decidere la distanza di sicurezza per evitare che arrivassimo a baciarci. 20 centimetri, presi con un metro IKEA, ci giocavamo i centimetri con piccole scommesse e altre stupidaggini simili, vedevamo la fettuccia che pian piano diventava sempre più corta, a forza di tagliare 2 o 3 cm. E lei che sorrideva ogni taglio. Poi arrivò a 2cm.
Due centimetri sono veramente pochi, si può dire quasi nulla, eppure mi sembravano troppi. Abbiamo smesso questo gioco, senno finiva male, ci siamo alzati abbiamo parlato e davanti alla finestra lei mi ha dato un bacio, a stampo si, ma quando ha percorso quel fantomatico 10% di distanza che deve percorrere una donna, dopo il 90% maschile, avrei voluto che non finisse mai quel momento. Poi ce ne fu un altro sulla porta, ricordo ancora le sue mani intorno al mio collo. L’ho vista andare via, era bagnato per terra, aveva piovuto, ma comunque il cielo era terso, sono rimasto appoggiato a quella porta per 20 minuti almeno, non mi aspettavo tornasse indietro, cercavo di capire perché la musica cambiasse sempre durante un film se c’è la scena del bacio atteso dal pubblico. Lo capii solo allora.

46 giorni dopo


Ancora la mia sveglia del mattino ha come messaggio “Comprare Ovetti, Rimmel L’oreal x5 Nero, Matita per occhi”. Perché io facevo le commissioni prima di arrivare. Mi piaceva e mi piace ancora l’idea di svegliarmi perché ci sono delle cose che devo fare. Ora mi alzo tardi, faccio sempre e costantemente tardi a lavoro, vado via molto presto. Non sono mai stato attaccato al posto di lavoro. Arrivo con i miei 20-30 minuti di ritardo a discapito dei 20-30 minuti di anticipo per prendermi un caffè con lei. Non ha senso togliere ore al mio sonno per venire in un posto che ho sempre odiato. Apro la porta ogni giorno risulta più pesante, ora la sua stanza è una specie di magazzinetto, apro la porta della sua stanza e socchiudo gli occhi, e sento il suo “buongiorno” e la vedo dietro al monitor. Ovviamente quel “buongiorno” è molto poco realistico e sorridevo sempre, perché ci eravamo già sentiti per 30 minuti al telefono (non ho mai capito perché parliamo così tanto) ci siamo dati appuntamento, abbiamo fatto colazione assieme, o addirittura sono andato io a prenderla, e ci siamo fatti un pezzo di strada a piedi, mano nella mano. Andava bene anche così mi faceva ridere quanto ci tenesse a questa cosa, e se ci teneva lei ci tenevo anche io. Comunque non c’è la scrivania, non c’è il monitor, ma cosa più importante non c’è lei, richiudo la porta ed entro nella mia già abbastanza contrariato. Mi giro sulla destra e vedo i segni sul muro, ci sono righe, impronte, diverse impronte delle mie e delle sue mani. Chiudo gli occhi tutte le mattine sperando prima o poi di sentire i suoi passi per il corridoio o la sua chiamata mattutina al telefono con la madre, con cui alla fine finisce sempre ad alzare la voce.
Sono 46 giorni che do un buongiorno ad una chat che mi risponde che “l’utente è offline” ma fortunatamente sono molto veloce a chiudere la finestra per non leggere quel messaggio.
La sua teoria era che “con il tempo vedrai che passa”, mi permetto dissentire, non è passata a nessuno, ne a me ne a lei ne  a nessun altro, pochi mi chiedono direttamente come sta, o cosa fa, sanno perfettamente che c’era un rapporto più che lavorativo eppure continuano ad avere questa reverenza nei miei confronti quando si parla di lei. Come nessuno faceva commenti “da camerata” nessuno chiede niente, sanno che mi fa male come argomento, lo percepisco.

Non mi sento a casa da 46 giorni, nonostante stia vivendo un vero sfratto di tutta la combriccola, malati inclusi, io non mi sento a casa da molti giorni, per questo è inutile chiedermi: ”come mai sembra che non te ne freghi nulla che devi lasciare casa?”… “la mia casa, quella vera, è a 60 km da qui.”


Nessun luogo è lontano, è sempre e solo, un fatto di tempo. E il tempo è relativo.
-Ci vuole un casino di tempo, tipo un’ora-
-Mah, guarda, con un’oretta ci sei, niente di che-

giovedì 9 gennaio 2014

Posted by Adespoto Posted on 14:39 | 9 comments

Lei #36 - Una boccata d’aria

OFFLINE DA 16 GIORNI

Questo è quello che leggo sulla chat interna, lei è andata via, spostata, da quel risotto alla crema di scampi sono successe tante cose, belle e brutte, ma alla fine eravamo sempre io e lei a viverle, ci sono stati diversi saluti, tante paure, abbiamo fatto finta di niente fino a che, una sera alle 20.04, non l’ho vista andare via per l’ultima volta sembrava un fantasma che spariva all’orizzonte, come se fosse stato un sogno che svanisce dopo quasi 3 anni. Pensi: “Beh, sarà più felice, vedrai. E la sua felicità sarà la tua in un certo senso”. Piansi per 30 minuti almeno quel giorno, non piangevo da tempo così. Ricordo che il primo bacio ce lo siamo dati nello stesso punto dove ci siamo salutati. Qui, in questa gabbia di cemento, abbiamo vissuto la nostra storia, qualche volta riuscivo a viverla fuori facendo i salti mortali. Ma non era il luogo quello che importava, non era il tempo che ci vedevamo, era il fatto di essere insieme che ci rendeva vivi, e ancora è così.

Ieri è stata organizzata una cena di polemica con “alcuni” facenti parte del gruppo, non sarei mai voluto andare, ma c’era lei come potevo rinunciare a vederla.

E’ scesa dalla macchina da quel momento non è esistito più nulla, solo i suoi occhi che tornavano da me, parlavamo con gli altri e non ci siamo mai distratti dal fissarci, ci siamo tenuti per mano sotto il tavolo, sono usciti tutti e ci hanno lasciati soli al tavolo, siamo usciti io e lei e nessuno ci ha seguito. Li fuori ci siamo baciati, è stato come riprendere fiato dopo una lunga apnea. E’ stato un ennesimo primo bacio, uno degli infiniti primi baci che ci siamo dati. L’ho rivista andare via, mi sono sentito perso, ed effettivamente poi mi sono perso. Sono stato in giro quasi 2 ore per ritrovare la strada di casa, e ogni volta che cercavo di focalizzare dove sarei dovuto andare mi venivano in mente solo le possibilità per arrivare da lei.

Effettivamente non mi sentivo a casa da 15 giorni.

Effettivamente ho ricalcato l’uscio quando avevo tra i denti il suo labbro inferiore, e con gli occhi aperti vedevo i suoi che diventavano lucidi.

“Rientriamo che fa freddo?”
”Si.”

 

martedì 17 settembre 2013

Posted by Adespoto Posted on 13:11 | 9 comments

Impara l’arte e mettitela… da parte.

Andando a via del Corso, per comprare delle scarpe ti imbatti in palazzo Ruspoli, sede di mostre e convegni, dovendo aspettare che controllino il magazzino, decidi di andare a perdere tempo perché sono esposte delle “opere” di un “artista” performer di “arte contemporanea”. Concedetemi tutte queste virgolette.

Bene l’artista in questione è tal Sterling Ruby, appassionato di collage, tipo la madre di una mia amica, che non fa mostre delle sue scatole a palazzo Ruspoli. Ovviamente la mia non è una critica, l’arte contemporanea è palesemente una cagata. E più il pezzo fa schifo, e più è una provocazione, ma la domanda è: che o chi cazzo devi provocare ogni volta?.
L’esempio più palese di “provocazione” è la Fontana di Duchamp, firmata R. MUTT. poiché voleva stravolgere gli schemi. Un orinatoio, che alcuni definiscono un ventre materno, a causa del fatto che, se metti la R alla fine di Mutt viene MUTTER che vuol dire madre in tedesco, un classico gioco di parole che fanno i Francesi naturalizzati americani, con le parole tedesche. N. Mama, maman (fr=madre) oppure R. Moth (en=madre con l’aggiunta di e tipo prima), evidentemente non andavano bene. Comunque alla fine senza perderci in chiacchiere assurde alla Giacobbo, rimane un merdosissimo orinatoio. Insomma il significato non è l’opera perché fatta ma perché “scelta”; l’artista “SCELTO” da critici “SCELTI” sceglie di  “SCEGLIERE” un’opera, manca il fare.
Fontana_di_Duchamp

Bello eh…
E’ interessante…
E pensare che l’opera originale è stata buttata in un trasloco, ma fortunatamente è stata fotografata e ricostruita. Grazie.












Io tutte queste provocazioni non le capisco, o meglio, non capisco gli schemi, dettati anche dallo stesso Duchamp, 8 anni per il suo magnum opus Il Grande Vetro, che cambia, con il passare degli anni, il suo significato, e quindi la provocazione.


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Bello eh…
E’ interessante…
Tipo il titolo vero è “la sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche”… Anche cosa? cioè anche da me che guardo? o anche da te che l’hai fatta? Comunque mentre ci lavorava e dava, di anno in anno significati diversi, si è rotto il vetro e ha deciso che il destino influenzò la sua opera, e l’ha lasciata così, alcuni dicono che “sembra incompiuta”. O semplicemente ha rosicato come un bambino viziato (classico degli artisti) e ne ha iniziata un’altra. Bella cosa. xmila euro.







Comunque tornando al nostro Sterling Ruby, lui fa collage di cose tipo foto unghie, medicine e scatole di medicine. Ne propongo una, non credo sia il “the best” ma insomma…

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Mh….
Che dire…
Ah, ovviamente gli affreschi a palazzo Ruspoli erano coperti, non sia mai dovessi distrarti…












Io lo so che tendenzialmente non capisco nulla di arte, ne moderna, ne contemporanea, ne astratta, ne classica, ma una cosa la so, l’arte è diventata “contestuale” non c’è nessuna scuola, nessuno studio, solo il contesto in cui viene esposta, da significato e valore, se io mettessi quell’orinatoio all’autogrill Tasso Sud sull’A24, la gente ci piscerebbe dentro, con la scritta annessa, forse ne troverei pure altre tipo “belo cazo maschio fa sexo 367278etc” eppure non farebbe arte. Se prendessi poi lo stesso orinatoio dopo che ci sono passati i trans di turno e lo mettessi al Macro, la gente direbbe che è “UNA PROVOCAZIONE” si… lo sarebbe a te che lo stai guardando brutto deficiente.
Comunque voglio aggiungere un aneddoto che mi ha fatto giungere alla teoria della contestualità.
Joshua Bell, virtuoso del violino, suona 45 minuti in una metropolitana, alza 23 dollari, più di mille persone passano la davanti, solo i bambini si fermano ad ascoltarlo, ancora non sono entrati nel concetto “contestuale” ma i genitori avrebbero pagato probabilmente 100 dollari la sera prima, per una poltrona in fondo ad un teatro, e sentire gli stessi pezzi, i più complessi nell’esecuzione, ma in un contesto diverso. Niente applausi, niente ovazione.